Sarebbe del tutto normale se pensassi qualcosa del tipo, “Cosa diavolo c’entrano gli hashtag con google ads e soprattutto con le campagne pmax”?

Questo perchè l’uso degli hashtag nelle pmax non serve certo ad aumentare la visibilità degli annunci oppure a spiegare all’algoritmo che prodotto/servizio vende quella campagna.
Gli hashtag o forse sarebbe meglio chiamarli “finte ancore html” sono utili per capire quale url e quindi quale gruppo di asset sta portando clic, impression e altri dati.
Questo sistema mi è stato utilissimo in un primo periodo delle pmax quando non si aveva alcun dato diviso per gruppo di asset. Oggi grazie agli script del buon @mike rhodes e all’evoluzione della piattaforma la situazione è decisamente diversa anche se devo ammettere che li utilizzo ancora.
Aggiungere un’ancora agli url, ad esempio miosito.it diventa miosito.it#assetgroup1, mi permette di creare un’url univoca. In questo modo posso facilmente distinguere i clic ottenuti dal un determinato gruppo di asset rispetto a quelli ottenuti dall’espansione dell’url.
Grazie infatti all’analisi del report delle pagine di destinazione, filtrato per campagna, puoi ottenere tutti i dettagli per le url, con ancore, che hai deciso di tracciare.
La collega Giulia Voltolina, usa gli utm per fare questo tipo di analisi, ma occorre aprire google analytics. Il risultato finale è molto simile ma io preferisco avere tutto dentro la piattaforma Google Ads.
Buone ads